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Associazione SEMI

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gennaio 2023

Il teatro come incontro

“Teatroterapia è recupero della spontaneità, è rispondere alle mie spinte interne, è ritrovare equilibrio e flessibilità”12273796_1653059964947186_5136035201453070417_o

Nel nostro modo di fare counselling il teatro ci permette di attivare e rappresentare nello spazio scenico dinamiche interne altrimenti difficili da decifrare. Il teatro serve a svelare: la persona entra in scena pensando di “recitare” il personaggio e si ritrova a personificare se stessa, a mettere in atto le proprie dinamiche relazionali che conosce solo in parte e delle quali spesso, nella vita, non ha potuto misurare gli effetti. L’uso del corpo è un linguaggio non verbale che consente di portare in superficie ed esprimere più nettamente il vissuto emotivo attraverso l’azione, la voce, la parola. Il palcoscenico è metafora del “palcoscenico interiore” abitato da personaggi che discutono, litigano, si nascondono alla vista, chiamati a prendere forma.

Proverò a descrivere il processo che avviene in questa integrazione tra tecniche teatrali e gestaltiche. Normalmente in ogni incontro c’è una fase di attivazione corporea. L’attenzione al corpo che ogni partecipante è invitato ad avere durante gli esercizi permette di sperimentare un fenomeno importante, cioè il fatto che la nostra quotidianità è popolata di reazioni automatiche: piccoli movimenti, gesti, modi di fare, intonazioni della voce, di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto. Alcune di esse sono talmente familiari da far parte della nostra identità, al punto che ci caratterizziamo attraverso di loro. Continua a leggere “Il teatro come incontro”

Il vuoto come necessità

Il vuoto è un luogo scomodo e stimolante da abitare: induce a lasciare andare il superfluo, incontrare noi stessi, trovare nuove strade.
In questo periodo di emozioni difficili, di incertezza sul futuro, di sgomento per aver smarrito le certezze di una normalità che ormai appartiene al passato, ho vissuto in prima persona l’esperienza del vuoto, come forse molti di noi e ho trovato questo luogo familiare, già conosciuto in particolare facendo teatro di improvvisazione. Non ho riscontrato nessuna differenza, se non che in scena è possibile uscire da questa sensazione in ogni momento, ma nella vita no.
Ho pensato di parlare delle qualità del vuoto, una parola che immaginiamo priva di requisiti e caratteristiche, ma che invece ha tutt’altra valenza. Innanzitutto, ho trovato il mio vuoto grazie al silenzio, una privazione dai rumori di fondo del mondo; chi vive in città probabilmente ha notato, durante il lockdown, la scomparsa del rumore del traffico e l’apparizione di altri suoni sullo sfondo, normalmente impercettibili: il vento, il canto degli uccelli, i dialoghi tra le persone. Inoltre, la separazione forzata dagli altri mi ha costretto a stare con me, probabilmente la compagnia più difficile che potevo sperare di avere. Continua a leggere “Il vuoto come necessità”

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